DAL CODICE CIVILE AL JOBS ACTI Fase – libero licenziamento .. senza giustificazione
Secondo il codice civile (art. 2086 c.c.): “l'imprenditore è il capo dell'impresa e da lui dipendono genericamente i suoi collaboratori”.
Il Codice Civile lasciava libero il recesso del datore di lavoro (artt. 2118 e 2119).
Lo Stato si limitava ad esercitare un controllo della produzione e degli scambi in relazione all'interesse nazionale.
L’attività imprenditoriale non doveva contrastare con l’utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità umana (art. 41 Cost).
I collaboratori dell'imprenditore dovevano usare la diligenza richiesta dall’interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Il licenziamento libero era la regola. La Corte Costituzionale con la sentenza 45/1965 aveva respinto il principio della necessaria motivazione del licenziamento.
II Fase – necessità di giustificazione
La regola della necessaria giustificazione del licenziamento individuale è stato introdotto prima dagli accordi interconfederali (’47, ’50, ‘65) e poi dalla L. 604/1966 (artt. 1 e 3).
Corte Costituzione, con sentenza 46/2000, ha affermato che la regola della necessaria giustificazione del licenziamento è costituzionalizzata.
La tutela del licenziamento è stata indennitaria prima (art. 8 L. 604/66) e reale poi (art. 18 Statuto Lavoratori).
La differente tutela (indennizzo o riassunzione) dipendeva – da ultimo - dalla dimensione dell’impresa:
-\tTutela indennitaria (sino a 15 dipendenti – 5 se impresa agricola);
-\tTutela reintegratoria (oltre i 15 dipendenti).
III Fase – Collegato Lavoro e Legge Fornero
Revisione dell’art. 18 S.L.
Col collegato lavoro (L. 183/10) e con la c.d. Legge Fornero (L. 92/12) si sono dapprima limitati i termini per iniziare l’azione giudiziaria post impugnazione del licenziamento (270 gg prima e 180 gg poi) e si è posto un forte limite alla tutela reintegratoria anche nelle aziende con oltre 15 dipendenti.
Tutela reale, quindi, limitata ai soli casi di nullità del licenziamento (violazione delle norme su matrimonio e maternità, motivo discriminatorio, in frode alla legge, per motivo illecito) o nei cosiddetti licenziamenti affetti da ingiustificatezza qualificata: a) insussistenza del fatto contestato; b) fatto punibile con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva.
Nei casi di ingiustificatezza qualificata il giudice può (non deve) applicare la reintegrazione.
Cass. 23669/2014 ha avuto modo di precisare che l’accertamento del fatto è questione molto diversa dalla valutazione del fatto. Occorre, quindi, riferirsi al fatto materiale al di fuori di ogni valutazione di proporzionalità.
IV Fase – Il Jobs Act
L’esaurimento dell’art. 18 S.L.
Con l’introduzione delle norme del c.d. Jobs Act, le disposizione di cui all’art. 18 S.L (ma anche quelle dell’art. 8 L. 604/66) continueranno ad applicarsi per gli assunti prima del 07/03/2015
Per gli assunti dopo il 07/03/2015 verrà applicata la normativa ex Jobs Act in cui è prevista la reintegrazione per le imprese con più di 15 dipendenti solo:
-\tper i licenziamenti nulli, discriminatori – ritorsivi (casi in cui non assume rilevanza la dimensione dell’impresa);
-\tper i licenziamenti per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, se il lavoratore prova l’inesistenza del fatto materiale;
-\tin assenza di giustificazione del licenziamento per motivo consistente nella disabilità psicofisica del lavoratore.
In tutti gli altri casi è prevista la tutela risarcitoria proporzionata all’attività di servizio e in particolare:
-\tda 4 a 24 mensilità nel caso di licenziamento ingiustificato in cui il lavoratore non prova l’inesistenza del fatto materiale. Il calcolo viene fatto in ragione di 2 mensilità per anno di servizio;
-\tda 2 a 12 mensilità nei casi di licenziamento inefficace per motivo diverso dall’assenza di forma scritta.
Per le imprese di piccole dimensioni, la tutela risarcitoria è dimezzata.